Oggetti che ci circondano
*I gessetti colorati *Il chiodo *Il cappellino *Il cucchiaino *Il legno inutile *Il muro *Il puzzle *Il vecchio violino *La banconota *La barca *La candela che non voleva bruciare *La cipolla *La cisterna screpolata *La lampada del minatore *La moneta *La porta *La rete da pesca *La sedia vuota *La statua *L'anfora imperfetta *Le scarpe di Natale *L'occhio del falegname *L'ombrello rosso *L'uovo *Sotto la stufa
"Come sarà quel momento, dottore? Che mi succederà?".
"Che offerta mi fate, signori?" gridò. "Partiamo da...100 mila lire!".
"Centocinque!" disse una voce. Poi centodieci. "Centoquindici!" disse un altro. Poi centoventi. "Centoventi mila lire, uno; centoventi mila lire, due; centoventi mila...".
Dal fondo della stanza un uomo dai capelli grigi avanzò e prese l'archetto. Con il fazzoletto spolverò il vecchio violino, tese le corde allentate, lo impugnò con energia e suonò una melodia pura e dolce come il canto degli angeli.
Quando la musica cessò, il banditore, con una voce calma e bassa, disse: "Quanto mi offrite per il vecchio violino?". E lo sollevò insieme con l'archetto.
"Un milione, e chi dice due milioni? Due milioni! E chi dice tre milioni? Tre milioni uno tre milioni, due; tre milioni e tre, aggiudicato", disse il banditore.
La gente applaudi, ma alcuni chiesero: "Che cosa ha cambiato il valore del violino?".
Pronta giunse la risposta: "Il tocco del Maestro".
Siamo vecchi strumenti impolverati e sfregiati. Ma siamo in grado di suonare sublimi armonie. Basta il tocco del Maestro.
Il conferenziere iniziò il suo intervento sventolando una banconota verde da cento euro.
"Chi vuole questa banconota da cento euro?" domandò.
Si alzarono varie mani, ma il conferenziere chiarì: "Prima di consegnarla, però, devo fare una cosa".
Stropicciò la banconota furiosamente, poi disse: "Chi la vuole ancora?".
Le mani vennero sollevate di nuovo.
"E se faccio così?".
Lanciò la banconota contro il muro e, quando ricadde sul pavimento, la calpestò; poi la mostrò nuovamente all'uditorio: era ormai sporca e malconcia.
"Qualcuno la vuole ancora?".
Come al solito, le mani si alzarono.
Per quanto fosse maltrattata, la banconota non perdeva nulla del suo valore.
Molte volte nella vita veniamo feriti, calpestati, maltrattati e offesi, eppure manteniamo il nostro valore. Se lo possediamo.
*La candela che non voleva bruciare
Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell'armadio inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita! Mancavano pochi giorni a Natale e tutte le candele erano eccitate all'idea di essere protagoniste della festa, con la luce, il profumo, la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata che ripeteva ostinatamente: "No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella e soprattutto intera".
"Se non bruci è come se fosse già morta senza essere vissuta", replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. "Tu sei fatta di cera e stoppino ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice". "No, grazie tante", rispose la candela rossa. "Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che brucia".
"La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro", continuò il cero. "Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e allo stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che la solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo".
"Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?".
"Certo", ribadì il cero. "Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce".
"Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore".
"Sì, ma siamo più forti della notte e del gelo del mondo", concluse il cero.
Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformo in luce la sua bellezza, come se dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata.
Ci salveremo insieme, o non ci salveremo.
Erano due cisterne a distanza di qualche decina di metri. Si guardavano e, qualche volta, facevano un po' di conversazione. Erano molto diverse.
La prima cisterna era perfetta. Le pietre che la formavano erano salde e ben compaginate. A tenuta stagna. Non una goccia della preziosa acqua era mai stata persa per causa sua.
La seconda presentava invece fenditure, come delle ferite, dalle quali sfuggivano rivoletti d'acqua.
La prima, fiera e superba della sua perfezione, si stagliava nettamente. Solo qualche insetto osava avvicinarsi o qualche uccello.
L'altra era coperta di arbusti fioriti, convolvoli e more, che si dissetavano all'acqua che usciva dalle sue screpolature. Gli insetti ronzavano continuamente intorno a lei e gli uccelli facevano il nido sui bordi.
Non era perfetta, ma si sentiva tanto tanto felice.
Abbiamo bisogno di credere nella perfezione e di avere il coraggio dell'imperfezione. Viviamo in un mondo in cui la perfezione si confonde con lo sforzo per essere "superiori", "i primi", "essere al centro", "essere qualcuno". L'unica perfezione è l'amore. Soltanto così è possibile comprendere le parole di Gesù: "Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste" (Matteo 5,48) che vengono dopo le beatitudini dei poveri, di quelli che piangono, dei miti, di quelli che hanno fame e sete di giustizia, dei misericordiosi, dei puri di cuori, dei pacificatori e dei perseguitati (ingiustamente) a causa della giustizia.
Chi vive a braccia aperte, di solito, non fa carriera, ma trova tanta gente da abbracciare.
Arrivò la primavera. Il fiordo s'illuminò ai primi raggi del sole. La pesca riprese. Tutto fiero del lavoro della sua figlia carissima, Hans il pescatore imbarcò la sua rete da pesca nuova sul suo fidato vecchio battello.
É nel quotidiano che si tesse la rete dell'eternità. Ogni giorno è un nodo. Puoi non pensarci, ma il giorno della pesca arriverà e dipenderà anche da quello che avrai intrecciato quaggiù, oggi.
Un giorno, si trovò a passare nei pressi un uomo che veniva dalla città. Essendo un uomo di cultura, quando vide la statua chiese al proprietario se fosse disposto a venderla. Il proprietario rise e disse: "E chi vuole che compri, scusi, quella pietra sporca e scialba?".
L'uomo della città disse: "Ti do' in cambio questa moneta d'argento". E l'altro ne fu sorpreso e felice. La statua fu trasportata in città, a dorso di elefante. E dopo molte lune, l'uomo dei monti si recò in città, e mentre camminava per la strada vide gente affollarsi davanti ad un edificio, dove un uomo gridava a gran voce: "Venite a vedere la statua più bella, la più mirabile esistente al mondo. Solo due monete d'argento per ammirare l'opera meravigliosa di un grande maestro".
E l'uomo dei monti pagò due monete d'argento ed entrò nel museo per vedere la statua che lui stesso aveva venduto per una moneta. (K. Gibran)
Vivevo sul lato in ombra della strada e osservavo i giardini dei vicini al di là della strada, festanti nella luce del sole. Mi sentivo povero, e andavo di porta in porta con la mia fame. Più mi davano della loro incurante abbondanza, più diventavo consapevole della mia ciotola da mendicante. Finché un mattino mi destai dal sonno all'improvviso aprirsi della mia porta, e tu entrasti a chiedermi la carità. Disperato, ruppi il coperchio del mio scrigno, e scoprii sorpreso la mia ricchezza. (Rabindranath Tagore)
Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino, che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua. L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia. L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!". Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: "Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite". Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada". "É bellissimo, pieno di fiori". "Solo grazie a te", disse il padrone. "Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno...".
Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, ma se lo vogliamo, Dio sa fare meraviglie con le nostre imperfezioni. Ho fatto tanti sogni che non si sono mai avverati. Li ho visti svanire all'alba. Ma quel poco che grazie a Dio si è attuato, mi fa venire voglia di sognare ancora.
Ho formulato tante preghiere senza ricevere risposta, pur avendo atteso a lungo e con pazienza, ma quelle poche che sono state esaudite mi fanno venire voglia di pregare ancora.
Mi sono fidato di tanti amici che mi hanno abbandonato e mi hanno lasciato a piangere da solo, ma quei pochi che mi sono stati fedeli mi fanno venire voglia di avere ancora fiducia.
Ho sparso tanti semi che sono caduti per la strada e sono stati mangiati dagli uccelli, ma i pochi covoni dorati che ho portato fra le braccia, mi fanno venire voglia di seminare ancora.
*L’occhio del falegname
C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.
La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: “Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra”.
Un altro intervenne:” Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”.
“Fratel Martello – protestò un altro – ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. È urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”.
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme, il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace.
Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca.
Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere.
Per accogliere la Vita.
Dio ci guarda con l’occhio del falegname.